L’impresa culturale e creativa

L’impresa culturale e creativa

Qualche decennio fa investire in un’impresa culturale e creativa era senz’altro la decisione più visionaria che si potesse adottare. Essa era al centro di un ardente dibattito che vedeva come attori principali il mondo politico da una parte e il mondo scientifico dall’altra. La percezione del cosa fosse il comparto dell’industria culturale era assolutamente negativa: un’industria che non ha input reali né altrettanti output tangibili, certamente è un’industria che non produce. In realtà, il frutto dell’intelletto umano, della sua fantasia e del suo particolare estro è una produzione in senso economico a tutti gli effetti. Sarà proprio il mondo politico oltre Manica, attraverso le parole di Tony Blair, allora Primo Ministro inglese, a riconoscere il valore economico dell’industria creativa, attribuendo a quest’ultima la capacità di creare ricchezza e lavoro attraverso l’utilizzo della proprietà intellettuale. Accanto a tale riconoscimento ne nacque un altro, diretta conseguenza del primo: la straordinaria portata creativa ed innovativa insita nelle imprese del comparto culturale di stimolare una spirale virtuosa di crescita in campo economico e sociale. In Italia, alla fine del 2007, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo discorso di fine anno affermò che “un punto di forza del nostro paese è la cultura della creatività, che deve far considerare grande il potenziale delle nostre imprese e del nostro lavoro”. E’ oltremodo innegabile che la creatività favorisca lo slancio dell’economia e ponga le aziende in una posizione di vantaggio competitivo. Ecco quindi l’esaltazione della portata economica e sociale di un nuovo modo di fare economia che, dopo un decennio circa da queste affermazioni, si manifesta in tutta la sua verità: il valore umano, le persone, la loro formazione e lo sviluppo delle loro conoscenze, costituiscono il reale valore aggiunto di un’impresa.
Possiamo oggi facilmente affermare che l’impresa culturale è in grado di determinare un’inversione di tendenza nel concetto di economia, una sorta di cultural mood, di apprendimento a 360°, di sostenibilità ambientale e sociale, nonché di rivoluzione umana che aggiunge valore e lo distribuisce sul territorio, attraverso le generazioni che crescono in un ambiente con stimoli estremamente elevati ed inclusivi. Si può definire un’ipotesi di umanesimo economico che, pur sembrando una contraddizione in termini, rende perfettamente l’idea del fenomeno: una rete di valori umani posta al centro di un progetto economico di diffusione di bellezza territoriale, culturale, artistica, tecnologica, creativa e, dunque, professionale. Ne consegue che l’industria creativa e culturale è un naturale valore aggiunto per qualsiasi altra impresa del comparto industriale.
In estrema sintesi l’essenza dell’industria creativa e culturale consiste nel trasformare le idee in progetti e, attraverso questi ultimi, modificare le coscienze e le persone, stimolando contemporaneamente la crescita economica e sociale. Si tratta di un output che si raccoglie nel lungo periodo, dopo anni di investimento umano e professionale, che è inequivocabilmente il risultato di una “visione” divenuta realtà, il risultato di un investimento incredibile, una scommessa per molti persa in partenza ma che oggi vince, e che in futuro si affermerà ancor di più perché la bellezza, la cultura, l’uomo e la sua rinascita, il suo essere parte di un ambiente e le sue radici non sono mai fuori moda, non sono mai una tendenza ma una continua scoperta e, si sa, le belle scoperte hanno cambiato l’umanità. Attraverso l’esperienza economica e sociale dell’impresa culturale e creativa abbiamo potuto sperimentare che esiste un solo modo di mettere le ali alle imprese: credere nelle persone e dare valore al loro impegno, dare voce alle loro idee e non aver timore di portare avanti progetti visionari. Le persone sono il vero valore aggiunto di ogni impresa.
La nostra conclusione si fonda sull’osservazione delle dinamiche interne e gestionali di una impresa di ambito culturale/creativo. Infatti, in tale ambito industriale non bastano le sole skills personali e le conoscenze tecniche. La conditio sine qua non che sta alla base del successo e della capacità innovativa di un’impresa culturale è irrinunciabilmente l’ambiente in cui opera, in modo tale che sia incoraggiata la sua visione creativa e, contemporaneamente, un’economia che voglia seriamente investire su di essa. E’ un processo complesso che basa la sua stessa sopravvivenza su una condizione necessaria e sufficiente, identificabile con la coesistenza e la perfetta collaborazione di assets irrinunciabili ed insostituibili in quanto unici, quali le idee, le capacità, la preparazione, la perizia ed il talento, con innovazione tecnologica e cultura. Quest’ultima, è il fattore produttivo in grado di innescare l’intero iter di produzione culturale e creativo attraverso il quale giungere allo sviluppo di nuovi prodotti.
Inoltre l’analisi di un’impresa culturale deve essere esaminata da ciascun tipo di attività potenzialmente erogabile. Se la osserviamo secondo un’ottica di produzione artistica, il potenziale creativo si esprime in tutta la sua imponenza attraverso l’ideazione e la realizzazione di un quid mai realizzato prima, un prodotto unico e autentico, frutto di immaginazione, di stile e di ispirazione. Le ripercussioni economiche ne sono l’immediata conseguenza e si chiudono come in un cerchio perfetto in cui non è più possibile comprendere il suo inizio e la sua fine, proprio perché quell’innovazione instaura un ciclo ininterrotto e dinamico che trova la sua giustificazione economica nell’allocazione più che perfetta di intangible assets unici, tra i quali si possono annoverare l’estro artistico, le innovazioni tecnologiche e i nuovi scenari economici, con la combinazione di fattori umani, sociali, istituzionali e culturali. Ne consegue che la creatività non è “soltanto” l’ispirazione che sottende all’innovazione, ma è uno dei principali ed irrinunciabili fattori che contribuiscono al suo sviluppo. Infatti le idee creative sono indispensabili sia nella fase iniziale sia durante tutto il suo processo di produzione. Da esse nascerà la consistenza economica del progetto, a partire dalla sua creazione, fino alla distribuzione del nuovo output (prodotto, servizio e/o processo) che massimizzi l’utilità del consumatore finale apportandogli il maggior beneficio attraverso il suo acquisto. Tale processo virtuoso produrrà effetti nel lungo periodo.
L’Unione Europea conferisce grande importanza al comparto culturale e attraverso l’articolo 167 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ne sancisce la sua disciplina, stabilendone i principi e il quadro attuale attraverso contenuti sostanziali e procedure decisionali.
Non è un caso, infatti, che nello stesso preambolo del Trattato sull’Unione Europea (TUE) si rimarchi la precisa volontà di ispirarsi «alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa» attraverso l’impegno concreto a rispettare «la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e la vigilanza sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo» (articolo 3 del TUE). Questi principi ispiratori permettono l’introduzione di un’importante novità nell’ambito delle procedure decisionali in seno al Consiglio. In particolare, le decisioni relative agli ambiti culturali (principalmente per quanto riguarda il formato e l’ambito dei programmi di finanziamento) non sono più gravate dal vincolo della procedura di approvazione all’unanimità, come in passato, ma si considerano adottate attraverso l’espressione del voto a maggioranza qualificata. La ratio è da riscontrarsi nel tentativo di favorire uno sviluppo completo delle culture degli Stati membri, pur nel rispetto delle singole diversità nazionali e regionali, al fine di esaltarne il patrimonio culturale comune.
La tutela della cultura trova accoglimento anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. In particolare, l’articolo 13, recita «le arti e la ricerca scientifica sono libere» e l’articolo 22 stabilisce che «l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica».
Pertanto non è azzardato concludere che, per l’Unione Europea il settore culturale è uno degli strumenti privilegiati in grado di attuare i più alti obiettivi di prosperità, solidarietà, sicurezza ed internazionalizzazione. Proprio quest’ultima, in particolare, non può realizzarsi al di fuori di un processo di riconoscimento e di contemporanea tutela della diversità culturale e del dialogo interculturale. La cultura, nell’ottica del legislatore comunitario è da intendersi come un vero e proprio acceleratore di creatività e di relazioni internazionali.
Il programma quadro “Europa creativa” dedica 1,46 miliardi di euro al settore culturale e creativo per il periodo 2014-2020. E’ strutturato nel Sottoprogramma Cultura e nel Sottoprogramma MEDIA e in una sezione “transettoriale” che agisce attraverso un fondo di garanzia istituito con la duplice finalità di agevolare da un lato l’accesso al credito per le micro, piccole e medie imprese del settore e dall’altro di consentire una più precisa ed equa valutazione dei rischi in sede di intermediazione finanziaria. Si tratta, più dettagliatamente, di provvedere a creare un ecosistema imprenditoriale e finanziario inclusivo e lungimirante, che valorizzi tutte le enormi potenzialità del settore e, al contempo, rassicuri gli investitori pubblici e/o privati sull’affidabilità e sulla capacità economica del comparto culturale e creativo.
E’ bene sottolineare che proprio in questo mese di dicembre sarà definito l’ammontare del budget a disposizione del settore cultura. Da un lato, indiscrezioni parlano di un ampliamento del plafond messo a disposizione del settore culturale e creativo portandolo ad un incremento pari a circa il doppio di quello previsto nel periodo precedente. Tuttavia, esistono altrettante preoccupazioni circa profondi tagli al settore, come paventato da Sabine Verheyen, presidente della Commissione CULT dell’UE.

Le argomentazioni addotte sinora resterebbero sterili parole se non fossero supportate, come sono, da numeri e statistiche. In particolare, secondo la più recente pubblicazione periodica di Eurostat il settore culturale e creativo quale propulsore di crescita economica:

  • contribuisce per oltre il 2% al Prodotto Interno Lordo europeo;
  • è un’importante fonte occupazionale con più di 8,7 milioni di posti di lavoro al suo attivo, per un valore pari al 3,8% dell’occupazione totale. La conferma di quanto affermato viene proprio dalle imprese definite altamente innovative, le quali posseggono un potenziale economico importante e la possibilità, attraverso canali di finanziamento alternativo ed altamente innovativo (crowfunding, smart finance, business angels), di penetrare il mercato in modo dirompente generando altra occupazione, oltre che stimolare il commercio con l’estero.
  • è un settore dinamico e stimolante in grado di attirare talenti unici e menti “transilienti”. Un melting pop di diversità ed unicità che stimola, affascina, attrae, innova, crea, realizza, riproduce, abbellisce, incanta, monetizza, insegna, eleva. Una variegata costellazione di professionalità che spazia dalle arti “creative, artistiche e d’intrattenimento”, alle “biblioteche, archivi, musei e altre attività culturali”, nonché dal settore della produzione e programmazione delle attività audiovisive, radiofoniche, cinematografiche, discografiche, al settore delle attività di design specializzate.

Benvenuti in una nuova era, quella in cui fare impresa è questione di cultura.

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