Sostegno alle start up innovative. La circolare Smart&Start targata MISE.

Con la  Circolare 16 dicembre 2019, n. 439196 il Ministero dello Sviluppo Economico ha stabilito e specificato i criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni riconosciute alle start up innovative, nell’intero territorio italiano. Esse sono erogate sotto forma di aiuto per la loro nascita e per il  loro sviluppo. Sono regolate dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 24 settembre 2014, successivamente  modificato e integrato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 30 agosto 2019.

In particolare, per una più facile comprensione da parte del lettore, delle previsioni inserite nella suddetta circolare, affronteremo separatamente ciascuna specificazione.

 

Quali requisiti devono avere i piani di sviluppo presentati le start up ai fini dell’eventuale concessione delle agevolazioni previste dal  decreto?

Sono ammesse a presentare domanda quelle start-up innovative:

  1. costituite con meno di 60 mesi di vita rispetto alla data di richiesta di agevolazione;
  2. di dimensioni piccole;
  3. che abbiano la loro sede legale e operativa nel territorio nazionale o, per quelle con sede legale all’estero, purché alla data di richiesta della prima erogazione dell’agevolazione siano iscritte nell’apposita sezione speciale del Registro delle imprese e abbiano almeno una sede operativa sul territorio italiano.               Le imprese,  fra le altre statuizioni dell’art. 4.3 della circolare considerata, non devono essere già beneficiarie di contributi/agevolazioni pubbliche; non averne ottenuti in tempi precedenti e bloccati dalla Commissione europea in quanto illegali e/o incompatibili; non essere interessate da procedure concorsuali; essere in regola con la normativa ambientale, urbanistica, di sicurezza sul lavoro ed essere in regime di contabilità ordinaria;
  4. tutte le persone fisiche che sono intenzionate ad impiantare una start-up innovativa, siano esse italiane o straniere ( in quest’ultimo caso devono possedere il visto start-up), purché l’impresa sia formalmente costituita entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di ammissione alle agevolazioni e che entro il medesimo termine inoltri domanda di iscrizione al Registro delle imprese sia nella sezione ordinaria sia in quella speciale, pena la decadenza della domanda di ammissione stessa.

 

Quali settori sono ritenuti innovativi e, dunque, meritevoli di sostegno finanziario?

Si tratta essenzialmente di settori che presentino anche contemporaneamente le seguenti caratteristiche:

  1.  si distinguono per un importante contenuto tecnologico ed innovativo. Si tratta, in buona sostanza di tutte quelle soluzioni tecniche, organizzative e/o produttive che si differenziano per novità rispetto al mercato in cui l’impresa richiedente opera, anche in materia di impatto ambientale; determinano un allargamento della fascia di mercato in cui operano; aumentano il benessere del cliente ovvero accolgono e soddisfano nuovi bisogni; propongono soluzioni innovative di business anche in chiave di benessere sociale ed ambientale;
  2. puntano allo sviluppo di prodotti, servizi e/o soluzioni nel campo dell’economia digitale, dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things. In particolare, il riferimento è a quei piani d’impresa che implementino nuovi modelli di business tali da indurre un miglioramento nell’efficienza gestionale, organizzativa o produttiva;
  3. vengono messi in atto per esaltare la valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata. Si tratta, in tal caso, dei risultati brevettati di progetti, studi e ricerche effettuati da soggetti sia pubblici sia privati in possesso di know- how, titoli e/o qualifiche idonei.

 

Quali spese sono ammissibili ai fini dell’ottenimento delle agevolazioni?

In base ai piani d’impresa redatti secondo gli ambiti applicativi precedentemente descritti, sono ritenute ammissibili le spese relative a:

  •  immobilizzazioni materiali. Si tratta di impianti, macchinari e attrezzature di tipo tecnologico/tecnico-scientifico, nuovi, collegati funzionalmente all’attività d’impresa, singolarmente identificabili e nel possesso ed uso esclusivo dell’azienda agevolata;
  •  immobilizzazioni immateriali. In questo caso ci si riferisce ai brevetti, alle licenze e ai marchi, alle certificazioni, al know-how ed a tutte quelle conoscenze tecniche, anche non brevettate, necessarie all’attività d’impresa, connesse alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa;
  •  tutti quei servizi direttamente collegati alle esigenze di produzione dell’impresa e, contemporaneamente, in grado di realizzare il piano d’impresa. Parliamo, dunque, di costi di progettazione e di sviluppo di nuove architetture informatiche e produttive. Rientrano in questa categoria, fra le altre, le consulenze specialistiche tecnologiche nonché tutti i servizi forniti da incubatori e acceleratori d’impresa.
  •  il personale dipendente e i collaboratori a qualsiasi titolo nella misura in cui contribuiscono alla realizzazione del piano d’impresa.

 

Come e quando presentare le domande di agevolazione?

Le domande per ottenere le agevolazioni descritte dalla circolare in esame, assieme ai piani d’impresa, si possono presentare a partire dal 20 gennaio 2020. Ogni domanda presentata prima di tale termine iniziale non verrà presa in considerazione. Ogni richiesta di agevolazione deve essere:

– redatta in lingua italiana,

– compilata attraverso la piattaforma  https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/smartstart-italia/modulistica nei modi e attraverso gli schemi messi a disposizione da Invitalia sul suo sito internet;

– firmata digitalmente dal legale rappresentante se si tratta di società; dalla persona fisica proponente in caso di costituenda impresa;

– supportata da tutta la documentazione richiesta.

 

Come verranno gestite le domande di agevolazione?

Le domande di agevolazione presentate sulla piattaforma Invitalia verranno istruite secondo l’ordine cronologico di presentazione, sulla base del numero di protocollo elettronico attribuito dal sistema. In tale fase verranno esaminati i requisiti di ammissibilità e le cause di esclusione. Sempre in questa fase verrà affrontato anche un controllo di merito sui piani d’impresa istruiti, consistente nell’accertamento delle competenze organizzative, tecniche e gestionali, del potenziale innovativo del piano d’impresa presentato e la sostenibilità economica nonché la fattibilità tecnologica ed operativa del progetto stesso.

Una volta terminata la fase istruttoria, il gestore della procedura adotterà una decisione di ammissibilità o di inammissibilità. Nel caso di accoglimento della domanda di agevolazione si provvederà a richiedere la documentazione propedeutica alla stipula del contratto di finanziamento che dovrà  pervenire entro trenta giorni dalla data di ricezione della comunicazione di ammissione. Sempre l’ente gestore stabilirà l’importo concesso e i tempi di erogazione.

Nel caso in cui i piani d’impresa non posseggano i requisiti di ammissione Invitalia, tramite posta certificata  comunicherà i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. Avverso tale comunicazione, e sempre tramite PEC,  è ammessa controdeduzione entro 10 giorni dal ricevimento del diniego.

 

Qual è l’importo erogabile e in che modalità viene concesso?

I piani d’impresa presentati devono prevedere, spese di importo compreso tra un minimo di 100.000 euro ed un massimo di un milione e mezzo di euro. Sono ricomprese all’interno di tale cifra le spese riconducibili alle esigenze di capitale circolante netto.

Alle start up innovative ammesse viene concesso un finanziamento agevolato decennale, a tasso zero, sottoforma di sovvenzione rimborsabile, per un importo pari all’80% delle spese ammissibili descritte precedentemente. Il piano di rimborso rispetta un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate, (31 maggio – 30 novembre di ogni anno), dopo 12 mesi a decorrere dall’erogazione dell’ultima quota dell’agevolazione.  Le agevolazioni concesse, è bene sottolinearlo, non sono assistite da forme di garanzia.

Discorso diverso viene fatto per le start-up innovative localizzate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. In questo caso l’impresa agevolata dovrà restituire il finanziamento solo in parte, per un ammontare pari al 70%  dell’importo concesso calcolato sulla base delle spese ammissibili. In buona sostanza per queste Regione la quota non soggetta a rimborso si connota come un vero e proprio contributo all’impresa.

Nel caso di start-up innovative che alla data di presentazione della domanda di agevolazione, siano interamente costituite da giovani di età non superiore ai 35 anni e/o da donne, o che prevedano la presenza di almeno un esperto, che abbia un titolo di dottore di ricerca o equivalente da non più di 6 anni e impegnato stabilmente all’estero in attività di ricerca o didattica da almeno un triennio, l’importo del finanziamento agevolato è pari al 90% delle spese ammissibili.

Inoltre, alle imprese che alla data di presentazione della domanda di agevolazione risultino costituite da meno di un anno, sono concessi servizi di tutoraggio tecnico-gestionale. Tale attività di mentorship è quantificabile fino ad un massimo di euro 15.000 per le imprese situate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; di 7.500 per tutte le altre imprese situate sul restante territorio nazionale.

L’impresa ammessa alla procedura di agevolazione, può richiedere l’erogazione del finanziamento in massimo cinque stati di avanzamento lavori ed ogni richiesta di erogazione deve essere di importo non inferiore al 10% dell’investimento complessivo ammesso. Fa eccezione la richiesta di erogazione del saldo delle agevolazioni, che può essere presentata per l’importo residuo dell’investimento ammesso.

Naturalmente, è fondamentale che vi sia un’attività di rendicontazione dello stato di  avanzamento dei lavori, comprovato dalla presentazione dei titoli di spesa e dalle  ricevute quietanziate di pagamento.

Tutti i pagamenti associabili alla richiesta di contributo devono essere effettuati esclusivamente mediante assegni nominativi non trasferibili, bonifici bancari o postali, ricevute bancarie, carte di debito e di credito. Tutti i conti correnti e gli altri strumenti di pagamento devono essere intestati alla società beneficiaria. Il soggetto beneficiario è tenuto ad assicurare la tracciabilità del pagamento, anche attraverso l’indicazione nella causale di pagamento, ove possibile in funzione dello strumento di pagamento prescelto, del CUP (Codice Unico progetto) assegnato al piano d’impresa agevolato o, nelle more dell’ottenimento dello stesso, della misura agevolativa “Smart &Start Italia”, unitamente a un richiamo al titolo di spesa oggetto del pagamento.

 

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Le Foreign-trade Zones: Lo strumento degli USA per la promozione del Commercio estero

Le Foreign-trade Zones: Lo Strumento Degli USA Per La Promozione Del Commercio Estero

 In base al World Investment Report 2019 della United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD), esistono nel mondo circa 5.400 Zone Economiche Speciali variamente denominate. La maggior parte di esse è localizzata in Paesi in via di sviluppo ed in transizione,  in particolare in Asia e nell’estremo Oriente.

Per quanto riguarda le ZES esistenti nelle economie dei Paesi sviluppati, la loro connotazione prevalente consiste nella presenza di agevolazioni di carattere doganale di natura sospensiva, ossia per esempio, nel caso di merci importate nelle predette zone, fino alla loro immissione in libera pratica, non si applicano i dazi, l’Iva per destinazione e gli altri tributi doganali fino ad allora sospesi. Il numero maggiore di tale tipologia di zone si trova  negli Stati Uniti dove esse assumono la denominazione di Foreign-Trade Zones (FTZ).
La presenza di ulteriori agevolazioni di carattere fiscale attribuisce loro una valenza che in termini di economia globale altrimenti non avrebbero.
Tale circostanza è riscontrabile in pochissimi Paesi dell’Unione Europea, fra i quali la Polonia, la Bulgaria, la Lituania e la Lettonia.
Le FTZ sono zone franche doganali, sotto la vigilanza doganale degli Stati Uniti, considerate (al pari di quanto avviene in situazioni analoghe nell’Unione Europea), attraverso una fictio iuris come situate al di fuori del territorio doganale statunitense ai fini dell’obbligazione daziaria.
La finalità per la quale queste zone sono state istituite è incoraggiare il ricorso alle imprese nazionali rispetto a quelle straniere per le fasi di produzione e distribuzione dei prodotti. I benefici previsti nelle FTZ consistono in sgravi dalle tariffe e dagli altri oneri amministrativi doganali che, altrimenti penalizzerebbero la competitività delle imprese statunitensi rispetto alle imprese estere. E’ possibile che ogni Free Trade Zone istituisca a loro volta Sottozone: attualmente ne sono censite circa 500.
Come previsto dalla normativa attualmente vigente per le ZES in Italia, le FTZ sono situate nei porti doganali in entrata o nei territori limitrofi, e costituiscono il modello americano di quelle che comunemente sono denominate Free Trade Zones.
La fonte normativa è il Foreign – Trade Zones Act del 18 giugno 1934, come modificata dal Designation of Enterprise Zones, L. 102–550, 1992 e dal Regulations of the Foreign-Trade Zones Board, 15 CFR Part 400, 2012.
Attualmente delle 262 Foreign-Trade Zones autorizzate, sono operative 195, come risulta dai dati ufficiali dell’ 80th Annual Report of the Foreign-Trade Zones Board – 2018, presentato al Congresso degli Stati Uniti nel novembre 2019.
La presenza delle FTZ ha garantito il lavoro per oltre 440.000 persone, impiegate in circa  3.300 imprese che hanno fatto ricorso alle FTZ per le loro attività aziendali, per un totale di operazioni commerciali del valore di 793 miliardi di dollari, con una tendenza in aumento rispetto all’anno precedente. In particolare, l’attività della FTZ registra un aumento significativo in termini di scambi commerciali sia domestici sia esteri, con un differenziale positivo di 124 miliardi di dollari dal 2017.
Di questi, circa il 63% ha riguardato attività di produzione, per un fatturato di circa 504 miliardi di dollari, mentre il restante 37% ha riguardato operazioni di magazzino e di distribuzione.
Bisogna rimarcare che le FTZ non sono progettate esclusivamente per le merci straniere. In realtà, le merci nazionali hanno un’incidenza positiva importante nell’attività propria delle FTZ.
I settori produttivi  maggiormente rappresentati riguardano il comparto automotive, quello petrolifero, elettronico, farmaceutico dei macchinari e delle attrezzature.
Le principali agenzie federali che sovrintendono allo sviluppo del programma delle Foreign-Trade Zones sono il Foreign-Trade Zones Board del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, nonché le Dogane e la Polizia di Frontiera degli Stati Uniti (CBP).

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L’impresa culturale e creativa

L’impresa culturale e creativa

Qualche decennio fa investire in un’impresa culturale e creativa era senz’altro la decisione più visionaria che si potesse adottare. Essa era al centro di un ardente dibattito che vedeva come attori principali il mondo politico da una parte e il mondo scientifico dall’altra. La percezione del cosa fosse il comparto dell’industria culturale era assolutamente negativa: un’industria che non ha input reali né altrettanti output tangibili, certamente è un’industria che non produce. In realtà, il frutto dell’intelletto umano, della sua fantasia e del suo particolare estro è una produzione in senso economico a tutti gli effetti. Sarà proprio il mondo politico oltre Manica, attraverso le parole di Tony Blair, allora Primo Ministro inglese, a riconoscere il valore economico dell’industria creativa, attribuendo a quest’ultima la capacità di creare ricchezza e lavoro attraverso l’utilizzo della proprietà intellettuale. Accanto a tale riconoscimento ne nacque un altro, diretta conseguenza del primo: la straordinaria portata creativa ed innovativa insita nelle imprese del comparto culturale di stimolare una spirale virtuosa di crescita in campo economico e sociale. In Italia, alla fine del 2007, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo discorso di fine anno affermò che “un punto di forza del nostro paese è la cultura della creatività, che deve far considerare grande il potenziale delle nostre imprese e del nostro lavoro”. E’ oltremodo innegabile che la creatività favorisca lo slancio dell’economia e ponga le aziende in una posizione di vantaggio competitivo. Ecco quindi l’esaltazione della portata economica e sociale di un nuovo modo di fare economia che, dopo un decennio circa da queste affermazioni, si manifesta in tutta la sua verità: il valore umano, le persone, la loro formazione e lo sviluppo delle loro conoscenze, costituiscono il reale valore aggiunto di un’impresa.
Possiamo oggi facilmente affermare che l’impresa culturale è in grado di determinare un’inversione di tendenza nel concetto di economia, una sorta di cultural mood, di apprendimento a 360°, di sostenibilità ambientale e sociale, nonché di rivoluzione umana che aggiunge valore e lo distribuisce sul territorio, attraverso le generazioni che crescono in un ambiente con stimoli estremamente elevati ed inclusivi. Si può definire un’ipotesi di umanesimo economico che, pur sembrando una contraddizione in termini, rende perfettamente l’idea del fenomeno: una rete di valori umani posta al centro di un progetto economico di diffusione di bellezza territoriale, culturale, artistica, tecnologica, creativa e, dunque, professionale. Ne consegue che l’industria creativa e culturale è un naturale valore aggiunto per qualsiasi altra impresa del comparto industriale.
In estrema sintesi l’essenza dell’industria creativa e culturale consiste nel trasformare le idee in progetti e, attraverso questi ultimi, modificare le coscienze e le persone, stimolando contemporaneamente la crescita economica e sociale. Si tratta di un output che si raccoglie nel lungo periodo, dopo anni di investimento umano e professionale, che è inequivocabilmente il risultato di una “visione” divenuta realtà, il risultato di un investimento incredibile, una scommessa per molti persa in partenza ma che oggi vince, e che in futuro si affermerà ancor di più perché la bellezza, la cultura, l’uomo e la sua rinascita, il suo essere parte di un ambiente e le sue radici non sono mai fuori moda, non sono mai una tendenza ma una continua scoperta e, si sa, le belle scoperte hanno cambiato l’umanità. Attraverso l’esperienza economica e sociale dell’impresa culturale e creativa abbiamo potuto sperimentare che esiste un solo modo di mettere le ali alle imprese: credere nelle persone e dare valore al loro impegno, dare voce alle loro idee e non aver timore di portare avanti progetti visionari. Le persone sono il vero valore aggiunto di ogni impresa.
La nostra conclusione si fonda sull’osservazione delle dinamiche interne e gestionali di una impresa di ambito culturale/creativo. Infatti, in tale ambito industriale non bastano le sole skills personali e le conoscenze tecniche. La conditio sine qua non che sta alla base del successo e della capacità innovativa di un’impresa culturale è irrinunciabilmente l’ambiente in cui opera, in modo tale che sia incoraggiata la sua visione creativa e, contemporaneamente, un’economia che voglia seriamente investire su di essa. E’ un processo complesso che basa la sua stessa sopravvivenza su una condizione necessaria e sufficiente, identificabile con la coesistenza e la perfetta collaborazione di assets irrinunciabili ed insostituibili in quanto unici, quali le idee, le capacità, la preparazione, la perizia ed il talento, con innovazione tecnologica e cultura. Quest’ultima, è il fattore produttivo in grado di innescare l’intero iter di produzione culturale e creativo attraverso il quale giungere allo sviluppo di nuovi prodotti.
Inoltre l’analisi di un’impresa culturale deve essere esaminata da ciascun tipo di attività potenzialmente erogabile. Se la osserviamo secondo un’ottica di produzione artistica, il potenziale creativo si esprime in tutta la sua imponenza attraverso l’ideazione e la realizzazione di un quid mai realizzato prima, un prodotto unico e autentico, frutto di immaginazione, di stile e di ispirazione. Le ripercussioni economiche ne sono l’immediata conseguenza e si chiudono come in un cerchio perfetto in cui non è più possibile comprendere il suo inizio e la sua fine, proprio perché quell’innovazione instaura un ciclo ininterrotto e dinamico che trova la sua giustificazione economica nell’allocazione più che perfetta di intangible assets unici, tra i quali si possono annoverare l’estro artistico, le innovazioni tecnologiche e i nuovi scenari economici, con la combinazione di fattori umani, sociali, istituzionali e culturali. Ne consegue che la creatività non è “soltanto” l’ispirazione che sottende all’innovazione, ma è uno dei principali ed irrinunciabili fattori che contribuiscono al suo sviluppo. Infatti le idee creative sono indispensabili sia nella fase iniziale sia durante tutto il suo processo di produzione. Da esse nascerà la consistenza economica del progetto, a partire dalla sua creazione, fino alla distribuzione del nuovo output (prodotto, servizio e/o processo) che massimizzi l’utilità del consumatore finale apportandogli il maggior beneficio attraverso il suo acquisto. Tale processo virtuoso produrrà effetti nel lungo periodo.
L’Unione Europea conferisce grande importanza al comparto culturale e attraverso l’articolo 167 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ne sancisce la sua disciplina, stabilendone i principi e il quadro attuale attraverso contenuti sostanziali e procedure decisionali.
Non è un caso, infatti, che nello stesso preambolo del Trattato sull’Unione Europea (TUE) si rimarchi la precisa volontà di ispirarsi «alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa» attraverso l’impegno concreto a rispettare «la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e la vigilanza sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo» (articolo 3 del TUE). Questi principi ispiratori permettono l’introduzione di un’importante novità nell’ambito delle procedure decisionali in seno al Consiglio. In particolare, le decisioni relative agli ambiti culturali (principalmente per quanto riguarda il formato e l’ambito dei programmi di finanziamento) non sono più gravate dal vincolo della procedura di approvazione all’unanimità, come in passato, ma si considerano adottate attraverso l’espressione del voto a maggioranza qualificata. La ratio è da riscontrarsi nel tentativo di favorire uno sviluppo completo delle culture degli Stati membri, pur nel rispetto delle singole diversità nazionali e regionali, al fine di esaltarne il patrimonio culturale comune.
La tutela della cultura trova accoglimento anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. In particolare, l’articolo 13, recita «le arti e la ricerca scientifica sono libere» e l’articolo 22 stabilisce che «l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica».
Pertanto non è azzardato concludere che, per l’Unione Europea il settore culturale è uno degli strumenti privilegiati in grado di attuare i più alti obiettivi di prosperità, solidarietà, sicurezza ed internazionalizzazione. Proprio quest’ultima, in particolare, non può realizzarsi al di fuori di un processo di riconoscimento e di contemporanea tutela della diversità culturale e del dialogo interculturale. La cultura, nell’ottica del legislatore comunitario è da intendersi come un vero e proprio acceleratore di creatività e di relazioni internazionali.
Il programma quadro “Europa creativa” dedica 1,46 miliardi di euro al settore culturale e creativo per il periodo 2014-2020. E’ strutturato nel Sottoprogramma Cultura e nel Sottoprogramma MEDIA e in una sezione “transettoriale” che agisce attraverso un fondo di garanzia istituito con la duplice finalità di agevolare da un lato l’accesso al credito per le micro, piccole e medie imprese del settore e dall’altro di consentire una più precisa ed equa valutazione dei rischi in sede di intermediazione finanziaria. Si tratta, più dettagliatamente, di provvedere a creare un ecosistema imprenditoriale e finanziario inclusivo e lungimirante, che valorizzi tutte le enormi potenzialità del settore e, al contempo, rassicuri gli investitori pubblici e/o privati sull’affidabilità e sulla capacità economica del comparto culturale e creativo.
E’ bene sottolineare che proprio in questo mese di dicembre sarà definito l’ammontare del budget a disposizione del settore cultura. Da un lato, indiscrezioni parlano di un ampliamento del plafond messo a disposizione del settore culturale e creativo portandolo ad un incremento pari a circa il doppio di quello previsto nel periodo precedente. Tuttavia, esistono altrettante preoccupazioni circa profondi tagli al settore, come paventato da Sabine Verheyen, presidente della Commissione CULT dell’UE.

Le argomentazioni addotte sinora resterebbero sterili parole se non fossero supportate, come sono, da numeri e statistiche. In particolare, secondo la più recente pubblicazione periodica di Eurostat il settore culturale e creativo quale propulsore di crescita economica:

  • contribuisce per oltre il 2% al Prodotto Interno Lordo europeo;
  • è un’importante fonte occupazionale con più di 8,7 milioni di posti di lavoro al suo attivo, per un valore pari al 3,8% dell’occupazione totale. La conferma di quanto affermato viene proprio dalle imprese definite altamente innovative, le quali posseggono un potenziale economico importante e la possibilità, attraverso canali di finanziamento alternativo ed altamente innovativo (crowfunding, smart finance, business angels), di penetrare il mercato in modo dirompente generando altra occupazione, oltre che stimolare il commercio con l’estero.
  • è un settore dinamico e stimolante in grado di attirare talenti unici e menti “transilienti”. Un melting pop di diversità ed unicità che stimola, affascina, attrae, innova, crea, realizza, riproduce, abbellisce, incanta, monetizza, insegna, eleva. Una variegata costellazione di professionalità che spazia dalle arti “creative, artistiche e d’intrattenimento”, alle “biblioteche, archivi, musei e altre attività culturali”, nonché dal settore della produzione e programmazione delle attività audiovisive, radiofoniche, cinematografiche, discografiche, al settore delle attività di design specializzate.

Benvenuti in una nuova era, quella in cui fare impresa è questione di cultura.

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