UNA POSSIBILE IPOTESI DI ZONA ECONOMICA SPECIALE CON FUNZIONE ECONOMICO-POLITICA.

La questione della ricerca della migliore via di uscita per realizzare una Brexit più satisfattiva possibile rispetto agli interessi nazionali ed internazionali (anche divergenti) in gioco, come è noto, include un un’ulteriore problema: la gestione dell’affare “Irish Border”.

Evidentemente è un problema non da poco, perché senza una soluzione ad hoc, si tratterebbe di applicare le rigide e complicate regole del regime doganale vigente in base al CDU nei rapporti commerciali tra l’Unione Europea e i Paesi terzi, lungo un confine di circa 500 chilometri che invece da oltre 46 anni, dal punto di vista dei flussi merceologici, è stato di fatto un “weak border” soggetto alle regole del mercato unico.

In base ai più recenti dati circa il 33% delle esportazioni di beni e servizi dalle imprese dell’Irlanda del Nord vanno verso l’Eire.

Nel 2018, l’interscambio dell’Irlanda del Nord con l’Eire è consistito per circa 3 miliardi di sterline in esportazioni, 2 miliardi di sterline in importazioni, equivalenti ad un saldo commerciale di 1 miliardo di sterline e a un commercio bilaterale di quasi 5 miliardi e mezzo di sterline.
L’Eire è stato sia il 1 ° mercato di esportazione per l’Irlanda del Nord (pari a circa il 36% del totale delle sue esportazioni) sia il 1° mercato di importazione (pari a circa il 28% del totale delle sue importazioni).

Nel dettaglio, la maggior parte delle transazioni transfrontaliere è stata effettuata da micro e piccole imprese, che dominano l’economia dell’Irlanda del Nord, con circa il 74% delle esportazioni coinvolgenti imprese con meno di 50 dipendenti.

Il flusso di scambi commerciali dell’Regno Unito verso i Paesi esteri riguarda per circa il 6% l’Eire, che costituisce il 4° Paese con cui ha maggiori connessioni, dopo USA , Germania e Cina. L’Irlanda (IE) è la principale destinazione di esportazione per l’Irlanda del Nord (NI) e rappresenta circa un terzo (£ 3,4 miliardi) del valore delle esportazioni di beni e servizi da parte delle imprese locali

Lo stesso rapporto di interscambio se è analizzato dalla parte irlandese, rivela che sul totale delle relazioni commerciali verso l’estero il flusso con il Regno Unito incide per il 18 %, e costituisce il 2° Paese con cui ha maggiori connessioni dopo gli USA.

Secondo il The Guardian ogni anno 450 mila rimorchi arrivano nell’Irlanda del Nord trasportando dalle automobili, ai generi alimentari, ai prodotti tessili: il valore complessivo dell’importazione da parte del Regno Unito  è pari a 13, 4 miliardi sterline, di cui circa 11 miliardi di sterline corrisponde al valore dei beni acquistati e

La continuità di tale interscambio va salvaguardata.

Il Regno Unito prima del processo Brexit, nella Belt and Road Initiative (BRI), rappresentava il partner potenzialmente chiave per la Cina per mediare all’interno dell’Unione Europea su temi particolarmente “caldi” da un punto di vista commerciale. Quindi adesso “Downing Street” dovrebbe trovare una soluzione per salvaguardare la propria capacità competitiva sui mercati, che potrebbe essere fortemente influenzata, sia a causa del processo Brexit sia a causa del mancato coinvolgimento (per il momento) nella BRI.

A tale proposito l’Eire è pronta dopo la Brexit a sostituire la Gran Bretagna come nuovo interlocutore fidato della Cina nella promozione della Belt and Road Initiative, secondo quanto ha dichiarato nei mesi scorsi il ministro degli Esteri e vice primo ministro irlandese. D’altronde il buon legame fra il governo di Dublino e quello di Pechino annovera storicamente molti esempi di buone relazioni commerciali a partire dal ruolo di modello svolto dalla Shannon Free Zone creata nel 1959, e di tutor dei suoi funzionari rispetto alla creazione delle prime zone economiche speciali nella Cina meridionale nel­ 1980, per alimentare la riforma economica e commerciale, la c.d. «politica della porta aperta», lanciata da Deng Xiao Ping.

Quindi per Londra è vitale tenere conto di tale prospettiva perché le ricadute sul Regno Unito potrebbero avere effetti molto negativi proprio a partire dalle conseguenze economiche create sugli interscambi commerciali che avvengono attraverso il confine tra l’Eire e l’Irlanda del Nord. La creazione di conseguenze negative di carattere economico, espone però anche al rischio dell’eventuale riemersione di possibili attriti di carattere politico in questa delicata area, storicamente mai definitivamente sopiti.

Ecco perché il contenuto di alcuni punti proposti dal Governo inglese per l’Accordo Brexit vanno nella direzione di creare lungo il confine irlandese una sorta di zona economica speciale.

Tale idea potrebbe avere un’importante valenza politica, e ciò sarebbe in linea con l’evoluzione funzionale nel mondo delle ZES. Infatti l’aumento della rilevanza come strumento politico per attrarre investimenti, determinerà una sempre maggiore attenzione sia delle singole ZES sia dei Paesi a guardare oltre i confini amministrativi e quindi a sviluppare approcci integrati transnazionali allo sviluppo delle ZES.

Pertanto nel caso di specie sarebbe molto auspicabile la creazione di una ZES “cross country” ad esempio soprattutto nell’area di Derry City-Donegal, come è avvenuto in altre parti del mondo, ad

L’avallo da parte dell’Unione Europea di tale soluzione potrebbe essere un’opportunità concreta per le istituzioni di Bruxelles di abbandonare la propria anacronistica posizione di sostanziale ostracismo dogmatico e preconcetto sulle ZES (divenute in ogni parte del mondo sempre più congeniali al contesto storico di sviluppo economico globalizzato e dipendente dalla connessione con le Global Value Chains, che rappresentano oggi quasi il 50% degli scambi in tutto il mondo) e di attuare invece una più efficace “realpolitik“, con effetti di importanza non solo economica ma anche, come nel caso di specie, di evidente peso specifico su temi politico-diplomatici.

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Valentina Di Milla

Amministratore Unico

RALIAN Research & Consultancy srl